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Falconara Marittima è oggi un comune di circa 30.000 abitanti, in provincia di Ancona; si sviluppa lungo la costa del mare, la ferrovia e la statale adriatica.
Ha un'economia fondata prevalentemente sulla presenza della raffineria API e sull'attività di piccole imprese ed aziende artigiane. La spiaggia garantisce anche un certo sviluppo del turismo e delle attività ricettive e ristorative.
La presenza della raffineria costituisce comunque un limite al pieno sviluppo di queste attività e crea timori per la sicurezza della popolazione. La storia
La probabile esistenza di un abitato nei luoghi in cui sorge oggi Falconara, o meglio Falconara Alta, è testimoniata da alcuni documenti del ‘200 e una prima citazione potrebbe esser addirittura ravvisata nel cosiddetto “codice Bavaro”, risalente al X secolo, in cui si nomina un “Fundo Falconeo”.
L'atto fondamentale a cui si può ricondurre l'origine del centro abitato di Falconara è, però, la costruzione del castello ad opera dei conti Cortesi tra il secolo XI e XIII. Le prime memorie certe sul castello di Falconara risalgono al 1225 quando i conti Cortesi si diedero con i loro castelli in potere e protezione della città di Ancona. Falconara divenne così una delle “castella” del contado, pur mantenendo alcune autonomie amministrative. Attorno alla metà del XVI secolo la struttura comunale di Falconara è ormai ben definita. A capo dell'amministrazione municipale era il Podestà, nominato dagli Anziani di Ancona, che rimaneva in carica tre mesi, ma poteva esser rinominato. Il Podestà aveva solo funzioni di controllo.
Ad amministrare di fatto il Comune era il Consiglio della Comunità di Falconara, formato da due Priori e da otto consiglieri, tutti falconaresi e di estrazione prevalentemente piccolo e medio borghese.
Questa struttura amministrativa si mantenne invariata fino agli inizi dell'Ottocento, quando con la restaurazione pontificia, seguita all'occupazione napoleonica, i comuni vennero strutturati con organi analoghi a quelli attuali.
Dal punto di vista sociale la Comunità di Falconara appare statica e immobile nel tempo, come risalta dalla stabilità della proprietà terriera.
Dagli estimi e catasti redatti dal governo di Ancona fra Seicento e Ottocento la maggior parte delle terre del comune risulta di proprietà di poche famiglie nobiliari: i Bourbon del Monte, i Toriglioni, i Fatati e i Ferretti, con poche possibilità quindi di in frazionamento delle terre e della formazione di un nuovo ceto di possidenti agrari.
A questi si aggiungevano, poi, anche un certo numero di proprietari minori fra i quali si distinguevano gli esponenti della famiglie Gratti, Gerundini e Pighetti.
Le strutture sociali ed economiche restarono così cristallizzate fino all'unità d'Italia con la popolazione dedita prevalentemente all'agricoltura e alla pesca.
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La pieve di Santa Maria delle Grazie
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Solo con la costruzione della ferrovia che unì Ancona a Rimini e quindi a Roma, fra il 1860 e il 1870, si formarono i primi insediamenti industriali, che con l'incipiente turismo estivo contribuirono a migliorare le condizioni di vita degli abitanti.
In parallelo si ebbe un progressivo aumento della popolazione ed un'espansione del centro abitato verso il mare, la ferrovia e la strada statale che procedono parallele lunga la sua riva.
In tal modo il primitivo nucleo di abitazioni, concentrato nella parte alta, attorno al castello e alla pieve, venne a perdere sempre più peso, fino ad essere oggi una frazione della città: Falconara Alta. Nel primo ventennio del Novecento, Falconara visse un periodo di grande sviluppo economico e di intensa attività culturale e politica.
Con l'avvento del fascismo, però, dal 1928, perse la sua autonomia e venne annessa al Comune di Ancona. Solo nel 1948, dopo la guerra, ritornò ad essere comune a sé. |
La popolazione
La città ha conosciuto un rapido e intenso sviluppo demografico negli ultimi cento anni, passando dai 4272 abitanti del 1861 ai quasi trentamila di oggi. La crescita si è avuta soprattutto nell'ultimo cinquantennio del Novecento.
Alla metà dell'Ottocento quindi Falconara era ancora un piccolo borgo. Di dimensioni ancora più ridotte era alla fine del Cinquecento, quando vi si trasferirono i primi esponenti di quella che sarebbe poi divenuta la famiglia Ricciotti.
Probabilmente non superava le cinquecento anime, in parte arroccate attorno ai pochi edifici adiacenti il Castello e la Pieve e per lo più disseminate nel contado.
La distribuzione della popolazione si ricollega al tipo di sviluppo agricolo tipico delle Marche, quello della mezzadria, che prevede appunto la collocazione della famiglia contadina al centro del terreno coltivato e quindi una prevalenza della popolazione sparsa nelle campagne su quella vivente nel centro abitato, che, nel 1770, il pievano Giandomenico Frampoli così descriveva: “nel castello vi sono 125 case mezzo rovinate e che hanno figura di casino o di palazzetti, le quali casette servono di abitazione a persone e famiglie, delle quali la maggior parte per non dire tutte, si esercita nella professione di sciabigotto (pescatori con la sciabiga o tratta)”.
Tanto per restare a questi anni e per dare un'idea del rapporto numerico fra centro abitato e campagne nella distribuzione degli abitanti, si può ricordare che, secondo lo Stato delle anime del 1775, nel primo vivevano 448 abitanti (28,5%) e nelle seconde 1119 (71,5%).
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Fonte battesimale
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Dai primi Stati delle anime della Parrocchia di Santa Maria delle Grazie, il cui territorio coincideva grosso modo con quello dell'attuale comune, sappiamo che la popolazione fra 1624 e 1648 oscillava fra le settecento e le ottocento anime.
Nel 1658 (ultimo dato disponibile per questo secolo) arrivava a 905 abitanti e nel 1721 non superava le 1043 unità.
Nel corso degli anni, poi, aumentò grandemente, passando progressivamente dai circa 1000 abitanti dei primi decenni del Settecento ai quasi 2.000 della fine del secolo.
E appunto in questi anni la famiglia Ricciotti, o meglio il nostro ramo, lasciò Falconara e si trasferì nel comune di Montalboddo (Ostra). |
I Ricciotti a Falconara
I Ricciotti a Falconara, almeno quelli del nostro ramo, appaiono strettamente legati, come mezzadri, ai Marchesi Bourbon del Monte, che avevano diverse proprietà in località Fiumesino, Saletti e Piano.
Lo “Stato delle anime” del 1721, il primo analitico conservato in parrocchia, li lega ad un terreno posto in contrada Piano, nell'area di Fiumesino.
La testimonianza resa da Giovanni Battista Ricciotti, dal fratello Pietro e dal loro nipote Domenico nel processo contro il molinaro inadempiente Sebastiano Polverino, celebrato fra il 1754 e il 1758, ci permette di precisare questa prima localizzazione e di affermare che il fondo si trovava a confine con il Molino di Ancona.
Doveva trattarsi di un podere abbastanza ampio se per la prima metà del secolo, accanto ai componenti del nucleo famigliare, appare almeno un “servo” o “garzone, talvolta due, e nella seconda permette la sopravvivenza di una famiglia patriarcale allargata numerosa (fino a 19 membri).
Una mappa conservata nell'Archivio di Stato di Ancona è per noi, da questo punto di vista, estremamente significativa. Si tratta di una pianta del tratto della strada che dalla Flaminia, all'altezza dell'Osteria di San Lorenzo, va fino al ponte della Liscia, disegnata probabilmente attorno al 1725 in occasione dell'editto con cui il Governatore di Ancona ordinava la manutenzione dei fossi.
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Il documento è importante per due motivi.
Innanzi tutto perché riporta le proprietà dei Marchesi del Monte [indicati con il n. 16], compresa un'arborata, poste fra il molino di Ancona [n. 18] e il fiume, fra il molino e la strada e fra la strada che va verso Barcaglione contigua al fosso detto La Rigata e la strada Flaminia.
In secondo luogo, perché, oltre ad indicarci i luoghi in cui sono vissuti i nostri, contiene anche dei piccoli disegni delle abitazioni esistenti nella zona.
Si configura come un documento affine ai cabrei del tempo che descrivevano oltre che le possessioni, anche gli edifici esistenti su di esse. Abbiamo così un'idea di quella che poteva essere la loro casa, che in questo documento appare di due tipologie, per altro comuni e diffuse largamente all'epoca.
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Casa a due piani con scala interna più accessorio per gli attrezzi.
Questo tipo di edificio a pianta rettangolare è detto anche abitazione a solaro e si sviluppa su due piani.
Al piano terreno si trovava di solito, disposta ad est, la stalla.
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Al centro c'era la scala che portava al piano superiore e nel sottoscala la porcilaia o il ricovero per le galline.A ovest la cantina, eventuali altre stanze, e a volte il forno.
Al piano superiore la cucina, vero luogo centrale della casa, dove si ritrovava tutta la famiglia patriarcale, le camere – quella del vergaro o capoccia sopra la stalla per poter tenere sotto controllo il bestiame anche di notte – e il magazzino per le scorte e il raccolto.
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Casa, sempre a due piani, con scala esterna.
La scala, che può essere scoperta o coperta e che conduce direttamente a primo piano e alla cucina, in questo caso è esterna. Per il resto non ci sono differenze sia nella disposizione dei locali che nella loro funzione.
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E' inutile sottolineare che le tipologie edilizie qui rappresentate saranno poi replicate anche nei decenni successivi, fino a tutto l'Ottocento e i primi del Novecento, tanto che ben poca differenza troviamo fra questi disegni e le superstiti case rurali che ancora oggi punteggiano il nostro territorio
Del 1815 è invece la mappa, tratta dal Catasto Gregoriano, sotto riprodotta, che ci offre una rappresentazione cartografica più precisa e ci permette di vedere meglio quale fosse la contrada del Piano in cui si trovavano i beni dei Marchese del Monte e in cui si trovava il terreno coltivato dalla famiglia Ricciotti. |
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Oggi il terreno e la casa dove abitarono e lavorarono le prime generazioni dei Ricciotti e quelle del nostro ramo fino alla fine del Settecento, non sono più presenti e rilevabili nel territorio.
Se la nostra ricostruzione è esatta, dovevano infatti trovarsi nell'area in cui attualmente si trova l'aeroporto di Falconara Marittima. L'edificio del Molino di Ancona invece c'è ancora, anche se ristrutturato e trasformato in un albergo-ristorante.
La famiglia Ricciotti, ancora presente con alcuni discendenti nel comune di Falconara, con i suoi vari rami e le sue numerose articolazioni ha comunque lasciato un segno sul territorio, rilevato e fissato nelle carte dell'Istituto Geografico Militare che, a partire dalla prima levata (1892), utilizzano come punto di riferimento, sulla strada che da Falconara porta a Castelferretti, appunto la “C. Ricciotto”.
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Testi consultati
G. Piccinini, G. Campana, Guida di Falconara Marittima. Appunti di storia falconarese , Castelferretti, Ed. SAGRAF, 1977.
G. Campana,G. Marinelli, G. Piccinini, S. Sebastianelli Falconara. Storie e immagini , Comitato per il 40. della ricostruzione del Comune ,Comune, [1989].
Esino mare: materiali ed immagini per la conoscenza di un territorio . A cura del coordinamento progetto Bassa Vallesina, [Falconara Marittima], Associazione Intercomunale n. 9, 1990.
C. Vernelli, V. Villani, Fiumesino. Storia di un borgo adriatico , Falconara Marittima (An), Comune di Falconara Marittima, 2003.
Carlo Cerioni, Mario Monina, Falconara negli anni di Napoleone. Notizie dell'archivio della vicaria foranea di S. Maria delle Grazie , [Falconara], Banca di credito cooperativo di Falconara Marittima, 1995. |
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